Le strade del cervello
οδός = via, strada. La parola rimbalza nella mia mente, mentre cerco di districarmi tra i vicoli assolati di Salonicco, in attesa di avviarmi verso la Tracia, dove nei prossimi giorni cercherò la grande vipera ottomana (Montivipera xanthina). Οδός…e il mio pensiero vaga nel tempo, fino a un luglio assolato di molti anni prima, un grande ospedale di mattoni rossi con camere enormi, da tempo stipate di animali impagliati, vasche con anfibi e pesci, banconi da cui effonde, ineluttabile, odore di solventi.
Fu Aldo Fasolo a spiegare a me, incolto studente privo di formazione classica, il significato del termine greco. Con la sua dialettica canzonatoria mi svelò l’etimologia del termine odologia, lo studio delle “vie” nel sistema nervoso. Imparai allora che anche il cervello, come una città, ha le sue strade. Alcune sono viali ampi e affollati, come le autostrade a più corsie delle metropoli americane, sempre percorse da un flusso incessante di veicoli; altre sono vie più piccole, sentieri che sembrano privi di importanza, persi nel groviglio apparentemente disordinato della materia cerebrale. Oggi sappiamo che queste vie minori, come scorciatoie, possono condurci più rapidamente a un concetto o a un ricordo, o possono portarci là dove le arterie principali non arrivano. Le strade del cervello sono la nostra mappa mentale, sono le vie che in ogni momento percorriamo, anche quando siamo fermi, sono partenza e arrivo, e tutto quanto vi è in mezzo.
Gli scienziati hanno imparato a illuminare queste vie, proprio come le strade di una città, creando mappe bellissime di scie luminose che si accendono con la vita.
Posso fregiarmi di essere stato, tra gli innumerevoli allievi di Aldo Fasolo, uno degli ultimi che hanno lavorato insieme a lui al tavolo operatorio. Per studiare le vie nervose, iniettavamo un tracciante nel cervello del tritone, poi aspettavamo il tempo necessario affinché la sostanza facesse il suo percorso, svelando come una scia la via che aveva tracciato. Il tempo aiuta a capire il significato delle esperienze vissute e non nego che oggi non vorrei ripetere questi esperimenti sui tritoni, che preferisco osservare e fotografare in natura. Eppure la domanda di come un cervello apparentemente semplice si sia evoluto fino a raggiungere un livello di complessità straordinario è uno dei quesiti più affascinanti che la scienza si pone. E a cui fui introdotto da Aldo.
Ho sempre avuto una passione per le forme della natura. Forse per questa ragione negli anni in cui frequentavo l’Università come studente non ero particolarmente interessato allo studio del cervello, un organo che mi appariva poco attraente, la cui forma ben poco svelava delle possibili funzioni. Frequentando il laboratorio di Aldo, e poi attraverso successive esperienze, compresi che il cervello nasconde al suo interno architetture fantastiche, forme che affascinano, che celano il mistero della mente. Sono grato ad Aldo per avermi fatto conoscere le strade del cervello e, in fondo, per avermi aiutato a trovare una mia strada.